MUSICA, VITA ED ALTRE AMENITÀ


10.2.10

10 anni in musica

1. Sufjan Stevens - Illinois (2005)
Disarmante. A chi si illude che la bellezza pura e semplice non abbia più diritto di cittadinanza, "Illinois" porge l'altra guancia. Un disco schivo, estetizzante? Tutto il contrario. E' la gioia della creazione ad animare questa girandola di canzoni, in un frullio di rimandi fantasiosi, melodie indelebili e divertissement orchestrali. Tutto molto postmoderno, tutto molto leggero.
Un caleidoscopio. Anzi: vetrate, grandi e colorate. Canzoni che si rincorrono come personaggi di una storia, temi che si sovrappongono, e voci e strumenti tutte unite in un disegno che sono mille assieme.
E poi la luce. Filtra nell'esile superficie di vetro e la inonda di vitalità. Accende i colori e arriva a noi. Ci rapisce, ci riunisce: la voce sottile di Sufjan Stevens, l'orchestra, gli echi di minimalismo, in un'estasi che ridà senso a una parola: spiritualità.

2. At the Drive-in - Relationship of Command (2000)
Irruento, impulsivo. Eppure intricato. Millimetrico. "Relationship of Command" spinge il post-hardcore a un punto di non ritorno. Da lì in poi, potrà essere solo progressive. Ma questi dodici brani sono in perenne bilico, sul filo del rasoio: tra carica e ambizione, impeto e organizzazione, rabbia, passione, immaginazione.

3. Tool - Lateralus (2001)
Quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius. La complessità di "Lateralus" è quella del mondo, è quella del cosmo.
Un labirinto iniziatico in cui l'anima si dissolve e riappare come fantasma. Spirito latente tra enigmi e simmetrie. Più che metal, esoterismo.

4. Tortoise - Standards (2001)
E infine fu il manierismo. Ci vuole classe, tantissima classe per gestirlo, e i Tortoise ce l'hanno. Con lucidità e minuzia, cesellano il manifesto del nuovo post-: Smonta E Rimonta, e tanti saluti alla sostanza. Ritmi scomposti, dubberie, luoghi comuni decontestualizzati e ricombinati. Mondi in minatura, paradisi della pura forma.
Nessuno spazio per le emozioni, ma tanto è perfetto il gioco che non se ne sente la mancanza.

5. Radiohead - Amnesiac (2001)
Astratto, forse cubista, "Amnesiac" è il post-rock che si impossessa del pop. Canzoni svuotate, emozioni evaporate lasciando scoperte gelide ossature elettroniche. Screziate solo da un pulviscolo irriducibile: virus, batteri, microorganismi jazz che, anarchicamente, ricolonizzano la desolazione.

6. My Latest Novel - Wolves (2006)
Folk: musica della comunità. Quello di un tempo è estinto o non è più tale, ma il bisogno di musica che parli al plurale è ancora vivo. Con le note, se non con le parole: i pezzi di "Wolves" sono allora timidi, delicati ma anche epici e avvolgenti. Tra crescendo acustici e legami tradizionali, emerge lo spirito di una nuova coralità.

7. Godspeed You Black Emperor! - Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven (2000)
Soft/loud è sinonimo della deriva più emotiva della galassia post-. Quest'album ne è il testo sacro: suono amplissimo, aperto ad archi e fiati; poi sovrapposizioni minimali, cambiamenti climatici, tempeste, schiarite inattese. Abbandonarsi in balia del suo flusso toglie il respiro.

8. Vampire Weekend - Vampire Weekend (2008)
Spensierato, estroso ma in fondo un po' malinconico, quest'album rivitalizza quel che sembrava morto e spolto. La sgangheratezza dei Feelies e la meraviglia world di "Graceland", ma soprattutto un modo entusiasta di guardare alla multiculturalità.Senza perdere la propria identità, senza forzare quella altrui.

9. Explosions in the Sky - The Earth Is Not a Cold Dead Place (2003)
Volare. Una breve corsa a terra, qualche battito d'ali, poi salire e salire, trasportati da una corrente ascensionale. Traversare le nuvole e, d'un tratto, vedere il sole. E il mondo sotto è un oceano bianco, e planare dolcemente ha il suono dell'essere liberi. Suono di chitarre: nitide, cristalline, un'estasi di intrecci e giravolte.

10. Daft Punk - Alive 2007 (2007)
Ce ne ricorderemo tra un secolo, con nostalgia e ammirazione. Come oggi ricordiamo il Futurismo.
(Perché un live? Perché qui il genio cubista dei due caschi più famosi di Francia gioca con sé stesso come non mai. Perché in quest'album 2+2 fa 6, e "Around the World" + "Harder Better Faster Stronger" dà infinito.)

11. Uochi Toki - Libro Audio (2009)
Miglior disco hip-hop italiano di sempre? Con cinismo, puntigliosità e una certa dose di terrorismo sonico, musica e testi danno a capire che solo un idiota potrebbe ragionare così ("migliore"? "hip-hop"? "di sempre"?)
E poi questo è un libro-disco. Ovvero, essenzialmente, un album che fa sentire l'ascoltatore un idiota. Ad avercene.

12. Four Tet - Rounds (2003)
C'era una volta la folktronica. E Four Tet, già allora, era il migliore. "Rounds" è sospensione e meraviglia, fantasia e circolarità. Hip-hop, glitch e tepore acustico. Leggerezza, brezza sottile, spiritualità.

13. Radiohead - Kid A (2000)
Il gemello di "Amnesiac" è forse (forse!) un po' meno claustrofobico. Sognante, etereo, non per questo ottimista: anzi, il suo ibrido post-punk/elettronica è quanto di più alienante abbia partorito il pop in tempi recenti.

14. 2 Many DJ's - As Heard on Radio Soulwax Part 2 (2002)
La palma di album più spassoso del decennio spetta alla magna opus del bastard-pop. Pop, rock, dance di ogni genere ed era frullate in un flusso irresistibile di mostri Taglia E Cuci. La testa di una canzone, la coda di un'altra, la base di un'altra ancora. Irriverenza: molta. Snobismo: zero. Una fotografia perfetta dello spirito dei tempi.

15. Circle Take the Square - As the Roots Undo (2004)
Frenesia, enfasi, convulsione: questo è lo screamo, la frangia più sanguigna del post-hardcore. Ma "As the Roots Undo" è il suo approdo più evoluto, un caos ordinato che ha fatto sue le diagonali del math-rock e i crescendo celestiali del soft/loud. Uno spirito folk del tutto inaspettato fa di questo disco intensissimo lo specchio nascosto di una generazione, dei suoi malesseri, dei suoi sogni.

16. Isis - Panopticon (2004) [post-sludge]
17. The Shins - Chutes Too Narrow (2003) [indie-pop]
18. múm - Finally We Are No One (2000) [folktronica]
19. Bloc Party - Silent Alarm (2005) [indie-rock]
20. Tim Berne - Science Friction (2002) [avantgarde jazz]
21. Modest Mouse - We Were Dead Before the Ship Even Sank (2007) [indie-rock]
22. Amon Tobin - Supermodified (2000) [IDM]
23. Port-Royal - Flares (2005) [soft/loud]
24. Anathallo - Floating World (2006) [progressive pop]
25. Hood - Cold House (2001) [post-rock]
26. Supersilent - 6 (2003) [improvvisata]
27. Arcade Fire - Funeral (2004) [indie-rock]
28. Subtle - A New White (2004) [post-hop]
29. Gravenhurst - The Western Lands (2007) [indie-folk/rock]
30. Wilco - A Ghost Is Born (2004) [indie-country]

In ordine alfabetico:
Blur - Think Tank (2003) [art-pop]
Burial - Burial (2006) [dubstep]
edIT - Certified Air Raid Material (2007) [glitch-hop]
Espers - II (2006) [progressive folk]
Efterklang - Parades (2007) [progressive pop]
Hala Strana - Hala Strana (2003) [psych-folk]
iTAL tEK - Cyclical (2008) [dubstep]
Mew - And the Glass Handed Kites (2005) [progressive pop]
Mice Parade - Mice Parade (2007) [indie-rock]
Muse - HAARP (2008) [progressive pop]
Nico Muhly - Mothertongue (2008) [minimalismo]
Passage - The Forcefield Kids (2004) [hip-pop]
Porcupine Tree - In Absentia (2002) [progressive rock]
Sigur Rós - Takk... (2005) [soft/loud]
SND - 4,5,6 (2008) [glitch]
The Postman Syndrome - Terraforming (2002) [progressive rock]
Toumani Diabaté - The Mandé Variations (2008) [africana]
Tunng - Comments of the Inner Chorus (2006) [folktronica]
Vitalic - Flashmob (2009) [house]
Yugen - Labirinto d'acqua (2006) [avant-prog]

1 comment:

Tomm said...

la scelta di HAARP per i Muse e non altro è dettata da una tua questione di gusti o?